Dentro la Trinità Farnesina, Ambasciata e Compagnie aeree si rischia di rimanere bloccati. Migliaia di persone in movimento sono state travolte dalle misure di sicurezza del lockdown mentre tentavano di rientrare nei propri paesi di origine e purtroppo inevitabilmente, anche intrecciate dentro le lunghe braccia di forme di speculazione mai in crisi. Gli ostelli, gli alberghi, b&b, alimentari e ristorazione chiudono; i trasporti via terra sono pochi, gli spazi aerei si restringono. Molti viaggiatori sono costretti a lasciare l’alloggio subito mentre pochi fortunati riescono a mantenere una stanza nell’attesa della conferma di un volo che ad oggi per molti non è ancora arrivato.
Il 22 marzo l’India ha iniziato il primo parziale lockdown di un miliardo e trecento mila persone, il più grande lockdown attualmente in vigore. Dal 25 marzo è diventato totale. Un fiume di persone da quel giorno sta cercando di lasciare le città per raggiungere anche a piedi i villaggi contigui, mentre la polizia locale cerca di mantenere l’ordine col vecchio metodo del bastone. Moltissimi italiani e di altre nazionalità sono diretti verso gli aeroporti per tentare il primo volo disponibile a prezzi triplicati (se tutto va bene).
La Farnesina all’ennesima richiesta d’aiuto risponde che nel frattempo per “tutti” quelli che devono ancora attendere, l’ambasciata sta mettendo a disposizione degli alloggi vicino l’aeroporto di Delhi, nel caso ci siano concittadini rimasti senza. Gli alloggi selezionati per il momento di grande difficoltà sono alberghi categoricamente a 5 stelle, copio e incollo: Samrat hotel (5 stelle 6.500 rupie=78€ per due adulti); Andaz Delhi (5 stelle 17.588 rupie=209€ per due adulti); Hyatt Regency Delhi (5 stelle 7.868 rupie=94€ per due persone).
Per tutti quelli che si trovano fuori Delhi la situazione è ancora più complessa data la mancanza di mezzi di trasporto via terra. Da Pushkar, per esempio, l’ambasciata italiana offre ai suoi concittadini dei taxi da quattro posti al costo di 8.388 rupie (102 euro a persona) contro le 4.112 rupie (50€) di chi in maniera tutt’altro che semplice, è riuscito a trovare qualche mezzo alternativo.
Tenendo conto che le spese di trasferimento via terra, le spese di prenotazione ed i costi di pernottamento sono a carico dei viaggiatori questo vuol dire che le istituzioni stanno tenendo aperto un occhio solo e quindi hanno difficoltà a mettere bene a fuoco i parametri necessari ad applicare il modello #tuttiacasa. Per quelli che non possono stendersi sulle poltrone comode della business class ci sono sempre possibilità di voli a partire da un minimo di mille euro a persona. Considerando le sproporzioni dei costi, molti italiani stanno scegliendo delle soluzioni autonome con tutte le difficoltà che la mancanza di ogni servizio in terra straniera comporta.
Mentre la speculazione sembra fare il solito capolino l’ambasciata italiana, verificate le condizioni di indigenza dei malcapitati e l’impossibilità della famiglia o di terzi di potervi provvedere per legge (art 433 c.c) rilancia ancora offrendo un prestito da restituire entro 90 giorni una volta tornati dentro la frontiera. Calcolando che a nessuno a quanto pare spetta calmierare il costo dell’emergenza, indebitarsi appare l’unica mano tesa.
Ebbene, strizzato l’individuo di ogni risorsa, poco tutelato e colpito su più fronti durante tutto il viaggio, bisogna ammettere che in quanto ad ostacoli, a parte quel metro e mezzo e la mascherina, a passarsela meglio tra i due partecipanti sia stato il virus, finito a tappeto invece l’individuo. Egli da un lato viene sfinito da un sistema burocratico e politico organizzato sulle storiche pagine del “gatto e la volpe” mentre dall’altro, una volta immerso nel sistema, non può evitare di avanzare con esso e così per mantenere una minima struttura psichica può o negare il problema somatizzando il conflitto, oppure liberare il conflitto e adattarsi al contrasto. In entrambi i casi questo mantenimento si tiene appeso ad una filo sottilissimo che non offre nessuna soluzione e per ora nessun efficace cambiamento, piuttosto provoca un danno profondo a tutte le parti che compongono questa società, inevitabilmente connesse tra loro.
Nelle situazioni di crisi questi enormi danni non si riesce più a nasconderli sotto i multistrati del tappeto e le rappresentanze dei dogmi assoluti vacillano giustificando ogni intoppo con l’imprevedibilità e l’enormità del problema. La politica nega ogni responsabilità e scarica tutto sui cittadini che a loro volta pendono dalle somme istituzionali, mentre il papa alza le mani al cielo e delega tutto a Dio, premiando le vite di stenti con il riscatto del paradiso. Sulla base di questo abbiamo costruito il nostro spirito di adattamento e tradotto l’istinto di sopravvivenza. Ad appena pochi giorni dall’ inizio del contenimento, le più grandi potenze mondiali urlano all’emergenza e sono in piena crisi perché la rigidità di questo sistema non predispone ad alcun tipo di variazione al meccanicismo del quotidiano e, quindi. va in tilt ad ogni cambio di marcia. Definisce “potenza” non la capacità di organizzare la qualità della vita bensì quella di imporre il proprio dominio ed il proprio comando armando fino ai denti un ingranaggio che può partire solo se alimentato dal compulsivo sfruttamento.
Nelle situazioni di emergenza le classi medie e quelle più al fondo vengono imbrigliate dalle manovre finanziarie, il PIL che scende, l’inflazione che sale, la disoccupazione che sfianca ed il debito pubblico che impedisce un futuro, per cui restano in una subalternità permanente a respirare senza mascherina, il polverone di chi viaggia a cavalli spiegati.
Per giustificare la militarizzazione repressiva trasformano un problema sanitario in una guerra che noi soldati, per amor di patria e della bandiera, siamo chiamati a combattere e finanziare da dentro i nostri bunker insonorizzati, sordi. Tutto questo genera un conflitto dentro di noi che non è una disfunzione bensì una risorsa che andrebbe utilizzata e trasformata in valori fondamentali per la ricerca della libertà, prima di tutto di pensiero, che sono la critica e il dubbio e poi provare a indirizzarli verso una concreta alternativa e trasformare finalmente una crisi economica in una crisi del sistema politico.
Per il momento restano sempre fuori dalle misure di mantenimento della specie e dal focolare sterilizzato di #casa: gli immigrati, i richiedenti asilo, gli operai nelle fabbriche, gli operai dei cantieri, dei call center, i tossico dipendenti i senza tetto e i detenuti a tutti i livelli. A occhio e croce non sono mica #tutti.
Laura